RICORDO / Gigi Proietti, autentico maestro

“Per essere grande, sii intero: non esagerare e non escludere niente di te. Sii tutto in ogni cosa”. (Pessoa)                                                                                                                                     
                                    
L’eclissi dello sguardo (e dell’aperto sorriso) di Gigi Proietti ha suscitato sconforto e profondo cordoglio in ogni parte d’Italia. Dalle più alte cariche istituzionali fino ai comuni cittadini è un susseguirsi di dichiarazioni, ricordi, aneddoti, pubblica commozione, lacrime. Ovunque si sente dire “uno di noi”….
Come sfuggire alla retorica della celebrazione, che sicuramente a lui non avrebbe fatto piacere?
Noi teatranti per passione non possiamo non ricordarlo, ma dobbiamo recuperarne la dimensione umana (che lo fa profondamente “nostro”) dell’uomo che è partito dal basso e ha saputo coltivare i suoi talenti senza fermare mai la sua curiosità, la sua voglia di apprendere, di contaminare linguaggi artistici, di spendersi generosamente anche all’apice del successo, senza sentirsi mattatore o divo, come lo definivano, senza prendersi mai troppo sul serio, ricordando sempre di essere stato un ragazzo di periferia baciato dalla fortuna, sempre riservato e soprattutto maniacale nello studiare e nel rendere i personaggi (non a caso ha concluso la sua carriera con il “Kean” di Fitzsimons, elogio della perfezione nell’attore).
Di una carriera lunga e fortunata in cui ha fatto praticamente tutto, anche il Direttore Artistico e il Presidente di Teatro Stabile, dobbiamo assolutamente ricordare il suo magistero teatrale, che ha formato una generazione di attori che sono oggi tra i più apprezzati: ha così amato i suoi allievi da esserne mentore, finanziando per anni la scuola di recitazione con i suoi danari.
Aveva la grazia della semplicità e del sorriso, amava ricordare di non aver avuto maestri e scherzava ricordando che non aveva idea di cosa fosse il Teatro. Quel che dal Teatro aveva imparato era la disciplina e l’umiltà del lavoratore onesto, mai con le mani in mano; incontrarlo era un vero piacere, dispensava buonumore anche nei momenti di stanchezza e non confondeva mai il Teatro con la vita (“Più sono bravo a fingere, più il pubblico è bravo a credere alla finzione”).
Un’anima libera, un’anima bella, come a noi piace, un’anima che ha dispensato Bellezza e Amore, Passione. Un Grande a cui dobbiamo ben più di un ricordo, tenendo a mente che come per tutti i Grandi dobbiamo reimparare ad essere non custodi delle ceneri, ma testimoni di un Fuoco.

Mauro Pierfederici
Direttore artistico nazionale FITA